La morte a Venezia: tra estetismo e decadenza

morte a venezia - Thomas Mann

Che cosa faceva lì? Si era sbagliato. Là voleva andare! […] Dopo una settimana e mezzo dal suo arrivo nell’isola, un veloce motoscafo lo riportò col suo bagaglio nel porto di pola, e qui sbarcò soltanto per raggiungere subito, attraverso una passerella, l’umida coperta di una nave già sotto vapore per Venezia.
La morte a Venezia

La morte a Venezia (titolo originale: Der Tod in Venedig) è una novella scritta da Thomas Mann e pubblicata nel 1912. In Italia arriverà in traduzione di Emma Virgili nel 1930 grazie a Treves Editore. Nel 1971 viene pubblicato il film Morte a Venezia di Luchino Visconti. Nel 1973 viene trasformato in opera lirica grazie all’opera di Benjamin Britten.

Indice

La morte a Venezia – libro

Morte a Venezia – film di Luchino Visconti

Domande e risposte su La morte a Venezia
Morte a Venezia: citazioni e frasi belle

La morte a Venezia – libro

Morte a Venezia - scena dal film di Luchino Visconti (1971)
Morte a Venezia – Scena dal film di Luchino Visconti (1971)

La morte a Venezia: trama

Siamo in Germania – a Monaco – in un anno imprecisato del 1900. Lo scrittore Gustav von Aschenbach – da tempo malato e sempre preso dalla scrittura delle sue opere – decide di intraprendere un viaggio e tornare nella sua amata Venezia.

Una volta arrivato nella Serenissima incontra all’Hotel Des Bains dove alloggia una famiglia di origine polacca. Da grande esteta e amante della bellezza, rimane profondamente colpito da un ragazzino appena adolescente di nome Tadzio.

Da lì inizia la sua ossessione per il giovinetto che segue come un’ombra nella speranza di poter condividere dei momenti insieme. Non c’è nulla di carnale in questa passione, si tratta di un amore puramente spirituale ed estetico.

Mentre von Aschenbach si tormenta, a Venezia iniziano ad accadere fatti strani. Cominciano ad avvenire morti sospette e ad essere divulgati dei provvedimenti sull’utilizzo dell’acqua e il consumo di cibi freschi. Lo scrittore cerca di indagare chiedendo ai locali ma le persone sembrano estremamente reticenti a parlare per il timore di spaventare i turisti e avere un grave impatto sull’economia locale.

Così, tra domande, feste e ore ad ammirare Tadzio, trascorrono le ore e i giorni di von Aschenbach a Venezia.

Incipit del libro

Gustav Aschenbach, o von Aschenbach come, dal giorno del suo cinquantesimo compleanno, suonava ufficialmente il suo nome, un pomeriggio di primavera dell’anno 19…, di un anno che per tanti mesi aveva mostrato al nostro continente una fisionomia così minacciosa, aveva lasciato la sua abitazione nella Prinzregenstrasse, a monaco, per fare una lunga passeggiata da solo.

La morte a Venezia – Incipit
Morte a Venezia - Scena dal film con Gustav e Tadzio
Morte a Venezia – Scena dal film con Gustav e Tadzio

I personaggi de La morte a Venezia

La morte a Venezia non ha molti personaggi fissi. Ha tante piccole comparse, tanti individui che incrociano temporaneamente la via di Gustav von Aschenbach per poi sparire nel flusso della folla veneziana.

Gustav von Aschenbach: caratteristiche e descrizione

Gustav von Aschenbach è il protagonista di La morte a Venezia. Ha 50 anni al tempo della vicenda, è vedovo con una figlia ormai grande e sposata. È stato un ragazzo prodigio che ha iniziato l’attività di scrittore già nell’adolescenza e viene descritto come un uomo di salute estremamente cagionevole e delicata.

Abbiamo una descrizione completa dell’aspetto fisico:

Gustav von Aschenbach era di statura un po’ inferiore alla media, bruno, glabro. La testa era un po’ troppo grande in confronto col corpo quasi gracile. I capelli spazzolati all’indietro, radi sul colmo del capo, molto folti e brizzolati sulle tempie, incorniciavano una fronte alta, solcata da rughe che parevano quasi cicatrici. Il ponticello d’oro delle lenti non cerchiate tagliava la radice del naso massiccio, nobilmente arcuato. La bocca era grande, a volte cascante a volte improvvisamente sottile e tesa; le guance magre e solcate, il mento ben modellato, con una morbida rientranza a metà.

La morte a Venezia

Il nome, Gustav, è un omaggio al compositore e musicista Gustav Mahler che da lì a poco sarebbe morto a Vienna. Il cognome – Aschenbach – è un composto di due termini tedeschi:

  • Aschen – Ceneri (sì, Cenerentola è Aschenputtel in tedesco)
  • Bach – Ruscello, flusso (sì, il compositore Bach si chiamerebbe in italiano Giovanni Sebastiano Ruscello)

La cenere è una chiara allusione biblica al destino del protagonista: “Ricordati, uomo, che polvere sei e in polvere ritornerai”. La morte è scritta nelle stelle per Aschenbach che troverà lungo tutto il suo percorso dei presagi dell’infausta e imminente fine della sua vita.

Tadzio: caratteristiche e descrizione

Tadzio è un ragazzo di circa 14 anni, di origine polacca, oggetto dell’ardente passione estetica di von Aschenbach. È basato su una persona realmente esistita: il barone Władysław Moes.

Il barone Władysław Moes che ha ispirato Tadzio
Il barone Władysław Moes che ha ispirato Tadzio

Aschenbach vide che il ragazzo era perfettamente bello. il suo viso, pallido e graziosamente inaccessibile, attorniato da ricci color del miele, col nasco dalla linea dritta, la bocca amabile, un’espressione di nobile e divina serietà, ricordava le sculture greche delle epoche migliori, e accanto alla purissima perfezione della forma aveva un fascino così unico e personale, che colui che lo guardava pensò di non aver mai visto né in natura né nelle arti figurative nulla di così felicemente riuscito.

La morte a Venezia

Il ragazzo viene spesso descritto come vestito alla marinara, tratto distintivo del personaggio.

L’abito inglese alla marinara, dalle maniche a sbuffo che, restringendosi verso il basso, cingevano gli esili polsi delle mani ancora infantili ma ben fatte, conferiva alla leggiadra figuretta, con le sue cordelline, i fiocchi e i fregi, un che di lussuoso, di opulento.

La morte a Venezia

Il bigliettaio del traghetto per Venezia

Non rientra sicuramente tra i protagonisti, ma il bigliettaio del traghetto per Venezia ha un significato simbolico così forte che non potevo non inserirlo.

Sedeva un uomo munito di una barbetta caprina, dall’aspetto di un antiquato direttore di circo, il quale, torcendo il volto con professionale disinvoltura, registrava le generalità dei viaggiatori e distribuiva i biglietti.

La morte a Venezia

Questa figura è solo un’ombra sul percorso di Aschenbach ed è un chiaro calco del Caronte di dantesca memoria. Qui il vecchio bianco per antico pelo si accinge a traghettare lo scrittore verso morte certa. Ha una funzione quasi divinatoria che si evince da una delle sue poche battute:

“Ah, Venezia! Magnifica città! Una città che affascina irresistibilmente le persone colte, tanto per la sua storia che per le sue attrattive attuali!”.

Un personaggio decisamente grottesco e inquietante con un lato profetico.

Analisi e recensione

Partiamo da un assunto molto semplice quanto, probabilmente, banale. Libro corto non è sinonimo di libro semplice da digerire.

La morte a Venezia è un libro ostico, con un linguaggio complesso, con tanti strati di lettura, con riferimenti a letteratura, filosofia, simbolismo… insomma, non è una lettura da ombrellone.

La novella è legata a doppio filo con la vita del suo autore Thomas Mann e con la società tedesca dell’epoca. Ci sono tante cose da dire: quindi, ordiniamo le idee e partiamo.

Il legame tra Gustav von Aschenbach e Thomas Mann

Entrambi figli di una famiglia borghese, condividono il dissidio interiore tra lo scegliere la retta via e percorrere una vita nell’alta società con un lavoro rispettabile e godendosi il successo oppure inseguire la bellezza: ovvero il simbolo della vita dissoluta, verso l’abisso, del peccato, della dannazione (una diade chiaramente ispirata dalle teorie di Nietzsche su spirito dionisiaco e spirito apollineo).

La stessa scelta ritorna in ambito sessuale: reprimere il proprio orientamento e trascorrere una vita da eterosessuale oppure percorrere una strada non socialmente apprezzata e accolta ed esprimere la propria omosessualità?

Mann e il suo alter ego Aschenbach si ritrovano a viaggiare sugli stessi binari e a ripercorrere gli stessi passi. Le vicende narrate in La morte a Venezia, infatti, sono state realmente vissute dall’autore durante un viaggio con la moglie come testimoniò la donna stessa che dichiarò:

Tutti i dettagli della storia, a partire dall’improvvisa apparizione del pittoresco straniero nel cimitero, sono frutto dell’esperienza… Il primissimo giorno nella sala da pranzo vedemmo la famiglia polacca, che appariva esattamente nel modo in cui la descrisse mio marito: le ragazze erano vestite in modo abbastanza convenzionale e austero, e il bellissimo e affascinante ragazzino di tredici anni indossava un vestito alla marinara con colletto aperto e merletti molto graziosi. Attirò immediatamente l’attenzione di mio marito. Quel ragazzo era straordinariamente attraente, e mio marito lo osservava in continuazione con i suoi compagni sulla spiaggia. Non lo inseguì per tutta Venezia – questo non lo fece – ma il ragazzo lo affascinò, e pensava spesso a lui… Ricordo ancora che mio zio, il consigliere privato Friedberg, un famoso professore di diritto canonico a Lipsia, era indignato: “Che scandalo! E perdippiù un uomo sposato e con famiglia!

Katia Mann, Unwritten Memories

A differenza di Mann, Aschenbach sceglie di vivere la bellezza, di liberare il proprio desiderio, di non partire da Venezia per stare accanto al giovane Tadzio e godere della sua vista più a lungo possibile. Questo indugiare lo porta alla morte, una morte quasi serafica perché accompagnata dalla vista quasi onirica del ragazzo sulla spiaggia.

Morte a Venezia - Scena finale
Scena finale – La morte a Venezia

Presagi di morte e il grottesco

All’interno della novella troviamo lungo tutta la narrazione dei riferimenti alla morte a partire dal cognome Aschenbach.

Come già accennato nella sezione legata ai personaggi di La morte a Venezia, inoltre, il bigliettaio del traghetto è un Caronte contemporaneo pronto a trasportare le anime perdute verso la fine del mondo: gli Inferi.

La stessa gondola che accompagna Gustav von Aschenbach all’albergo viene descritta come una bara: con l’esterno ligneo scuro, quasi ebano, e gli interni di raso lucido. Coincidenza vuole che il gondoliere che trasporta lo scrittore sia l’unico senza licenza della laguna; si tratta di un uomo burbero e misterioso, che sembra conoscere già le intenzioni di Aschenbach ancora prima che questo parli.

Anche la stessa aria che si respira in città è cupa, lugubre, stagna, a tratti nauseante. È segno di un male latente che viene celato ma che si sta solo preparando ad esplodere.

Il grottesco attraversa e percorre i personaggi secondari che sono molto spesso delle maschere come il cantante che ride sguaiatamente a fine canzone durante l’esibizione all’hotel di Aschenbach. Alla fine, lo stesso Aschenbach per amore del bello si trasformerà in maschera di se stesso facendosi truccare e tingere i capelli dal proprio barbiere assomigliando – ironia della sorte – al tanto detestato cantante.

Morale della storia? La bellezza porta decadenza, la decadenza porta morte.

Cosa ne penso?

Ho letto La morte a Venezia all’università quando studiavo letteratura e mi aveva affascinata già all’epoca. Rileggerlo oggi con una nuova consapevolezza è stata una meravigliosa riscoperta.

Una prosa colta, delicata, sublimante, descrittiva e silenziosa (sono pochissimi i dialoghi). Una lettura breve ma pregna, concentrata di dettagli, finezze e concetti che è capace di lasciare tantissimo una volta chiuso il libro.

C’eravamo solo io e la storia. Nient’altro attorno.

⭐⭐⭐⭐⭐

L’autore: Thomas Mann

Thomas Mann

Paul Thomas Mann nasce a Lubecca (Germania) nel 1875.

Sin dalla gioventù si rende pienamente conto del proprio orientamento omoerotico per il quale avrà un totale rigetto. Tutte le sue passioni sono accompagnate da sofferenza e la maggior parte delle sue infatuazioni non viene corrisposta.

Finirà con lo sposare una donna – Katharina Pringsheim – da cui ha ben sei figli. In alcuni diari lasciati dallo scrittore, tuttavia, emergono alcune tendenze pederaste nei confronti del figlio Klaus.

Ho sentito del chiasso nella stanza dei ragazzi e ho sorpreso Eissi tutto nudo che faceva lo stupido davanti al letto di Golo. Forte impressione del suo splendido corpo non ancora virile. Turbamento (17 ottobre 1920)

L’opera letteraria di Mann è costellata di riferimenti diretti alla sua vita e ai suoi innamoramenti tanto che alcuni degli uomini amati compaiono sotto altro nome all’interno dei romanzi.

L’impatto del lavoro di Mann sulla letteratura tedesca del ‘900 è stato gigante. Tanti i romanzi e le storie che hanno segnato la sua carriera, ricordiamo le opere più importanti tra cui:

  • La montagna incantata (1924)
  • I Buddenbrook (1901)
  • Tonio Kröger (1903)
  • La morte a Venezia (1911)

Nel 1929 riceve il Premio Nobel per la Letteratura per i Buddenbrook con la seguente motivazione:

Principally for his great novel, Buddenbrooks, which has won steadily increased recognition as one of the classic works of contemporary literature.

Thomas Mann muore a Zurigo nel 1955 a causa dell’arteriosclerosi.

Quarta di copertina

«Gustav Aschenbach o von Aschenbach, come suonava ufficialmente il suo nome dal giorno del suo cinquantesimo compleanno…»

Il famoso scrittore tedesco Gustav Aschenbach, che ha basato la sua vita e l’intera opera sulla più ostinata fedeltà ai canoni classici dell’estetica e dell’etica, è spinto a Venezia da un misterioso impulso. Nell’attimo in cui balena sulla spiaggia del Lido la spietata bellezza del ragazzo polacco Tadzio, Aschenbach avverte il definitivo segno del destino: l’anelito allo sfacelo. La morte a Venezia (1913), oltre che un romanzo, è una cerimonia.

Morte a Venezia – film di Luchino Visconti

La morte a Venezia è stato trasformato in film da Luchino Visconti (esatto, il regista de Il Gattopardo) nel 1971. Ecco qualche curiosità dal set.

Un cast stellare

Ecco gli interpreti principali del film Morte a Venezia di Luchino Visconti:

  • Dirk Bogarde: Gustav von Aschenbach
  • Björn Andrésen: Tadzio
  • Romolo Valli: direttore dell’albergo
  • Mark Burns: Alfred
  • Marisa Berenson: signora von Aschenbach
  • Silvana Mangano: madre di Tadzio
  • Franco Fabrizi: barbiere
Dirk Bogarde
Björn Andrésen
Silvana Mangano

Dov’è stato girato Morte a Venezia

Il film Morte a Venezia è stato girato interamente in Italia tra Venezia, appunto, e le Dolomiti.

In particolare, le scene all’Hotel des Bains e sulla spiaggia sono state girate nel luogo reale che si trova a Venezia. L’hotel oggi non esiste più: è stato infatti chiuso nel 2010 per rinnovamento e per trasformarlo in una serie di appartamenti di lusso per vacanze (Residence des Bains) ma i lavori non si sono ancora conclusi ad oggi.

Hotel des Bains

L’Hotel des Bains ha ospitato nel corso di più di 100 anni artisti e uomini politici da tutta Europa. (Not so fun) fact, in questo hotel è stato anche ospitato Hitler quando venne in Italia in visita a Mussolini.

Le scene ambientate in Austria, invece, sono state girate sulle Dolomiti e in Trentino Alto Adige.

Domande e risposte su La morte a Venezia

Morte a Venezia - Locandina Film Luchino Visconti
Morte a Venezia – Locandina

Chi ha scritto La morte a Venezia?

La morte a Venezia è una novella di Thomas Mann pubblicata nel 1911.

Quante pagine ha La morte a Venezia?

La morte a Venezia ha 118 pagine nell’edizione Einaudi. Il numero può variare in base all’editore.

Chi è l’attore che interpreta Tadzio in Morte a Venezia di Luchino Visconti?

Tadzio di Morte a Venezia è interpretato da Björn Andrésen.

Cosa simboleggia Tadzio?

Tadzio è simbolo della bellezza, dell’innocenza, ma anche della passione, dell’estetismo.

Come finisce La morte a Venezia?

La morte a Venezia si conclude con la morte di Gustav von Aschenbach sulla spiaggia des Bains mentre osserva Tadzio che gioca prima della sua partenza.

In che anno è ambientato Morte a Venezia?

Nella novella non è specificato l’anno preciso. Sappiamo che è ambientato nel Novecento, presumibilmente prima della Prima Guerra Mondiale.

La morte a Venezia: citazioni e frasi belle

Certo è bene che il mondo conosca solo la bella opera, e non anche le sue origini, non le condizioni in cui venne formata; perché la conoscenza delle fonti da cui è scaturita, per l’artista, l’ispirazione, spesso sgomenterebbero, confonderebbero, neutralizzando così gli effetti dell’eccellenza.


Niente è più singolare, più imbarazzante che il rapporto tra due persone che si conoscono solo attraverso gli occhi, che si vedono tutti i giorni a tutte le ore, si osservano e nello stesso tempo sono costretti dall’educazione o dalla bizzarria a fingere indifferenza e a passarsi accanto come estranei, senza saluto né parola.


La partenza, non meno del ritorno, appare impossibile al disperato.


Non si trattava, è vero, di un problema eccezionalmente arduo: ma ciò che lo paralizzava era quel senso di profonda avversione, la consapevolezza che quella sua incontentabilità non avrebbe più potuto saziarsi di nulla.


Ma nello spazio vuoto, inarticolato, il nostro spirito perde anche la misura del tempo: è come un naufragare nell’infinito.

Pubblicato da Giulia Castagna

Giulia, content manager e writer, lettrice dall'età dei primi dada e baba.