Quegli sconosciuti dei fratelli Grimm – Ep.3: Il fedele Giovanni

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Mio fedelissimo Giovanni, sento che la mia fine si avvicina e temo solo per mio figlio. È ancora in un’età in cui spesso non si sa che via scegliere e se tu non mi prometti di insegnargli tutto quello che deve sapere e di essere suo tutore, non posso chiudere gli occhi in pace.
Il fedele Giovanni

Il fedele Giovanni è una fiaba dei fratelli Grimm comparsa nelle Fiabe del focolare (Kinder- und Hausmärchen) del 1812 ed è anche il racconto protagonista del terzo episodio della mia rubrica “Quegli sconosciuti dei fratelli Grimm” in cui parliamo delle fiabe meno note dei due cantastorie tedeschi.

Nelle puntate precedenti:

Indice

Il fedele Giovanni

C’era una volta un re con un fedele servitore. In punto di morte, il re chiede al suo fedelissimo Giovanni di fare da tutore al figlio e di mostrargli tutte le sale del palazzo e i tesori che custodiscono. Tutto tranne una stanza in cui campeggia il ritratto di una dama bellissima: la principessa dal Tetto d’Oro. Quel ritratto, infatti, rischierebbe di far innamorare il figlio a tal punto da portarlo in sciagura.

Il fedele Giovanni accetta l’incarico ma, OVVIAMENTE, il nuovo re vuole vedere cosa c’è di tanto segreto nella stanza proibita e si innamora perdutamente della principessa. Il re è risoluto: fa produrre artefatti e opere tutte d’oro da portarle in dono e la rapisce con uno stratagemma (e grazie all’astuzia del fedelissimo Giovanni).

Nonostante il rapimento, la principessa acconsente alle nozze ma solo dopo aver appurato che il suo rapitore non fosse un semplice mercante:

Ah – gridò spaventata – sono stata ingannata, rapita; sono nelle mani di un mercante: preferirei morire!

Ma il re la prese per mano e disse: “Non sono un mercate ma un re, non inferiore a te per nascita. Se ti ho rapita con l’astuzia è solo per il grande amore che ti porto […]”.

All’udire queste parole, la principessa dal Tetto d’oro si consolò; e fu così spinta ad amarlo, che accettò volentieri di diventare sua moglie.

Durante il viaggio di ritorno, però, il fedele Giovanni intercetta un dialogo tra tre corvi che rivelano tre sciagure in arrivo per il re e anche la soluzione per risolverle. Perfetto! Peccato che chiunque sveli la soluzioni ad un’altra persona si trasformi in pietra.

Così il povero e fedelissimo Giovanni si ritrova a salvare il suo padrone e sua moglie per ben tre volte. Accusato di alto tradimento (per una ragione che vi lascio scoprire con la lettura) il fedele Giovanni viene ricompensato per la sua dedizione con una bella condanna a morte.

Sul patibolo svela che, in realtà, è stato lui a salvare il re con i suoi atti. Ma nel momento in cui rivela ciò, si trasforma in pietra come annunciato dai corvi.

Il re, per nulla creepy, piazza la statua di Giovanni al posto del comodino rammaricandosi di aver dubitato di lui. Attenzione – colpo di scena – c’è un modo per salvare Giovanni? Sì.. e per nulla cruento tra l’altro! Il re non dovrà far altro che decapitare i propri figli e spalmare il loro sangue sulla statua.

Ovviamente il re non ci pensa due volte, accoppa i figli e risveglia il fedele Giovanni il quale riattacca la testa sui bambini e li riporta in vita (rendendoli persone con la testa a posto, insomma).

E vissero tutti felici e contenti… e con la testa a posto.

Il testo integrale del racconto lo puoi trovare qui.

Il commento e lo schema di Propp

Il fedele Giovanni è una fiaba più lunga rispetto a quelle incontrate fino ad ora. Si tratta di un racconto complesso in cui assistiamo a diversi eventi: la morte del re, il rapimento della principessa, i tre inganni, la pietrificazione del servitore e il lieto fine. Sembra quasi abbia le caratteristiche di un rito di iniziazione in cui il giovane rampollo passa dall’essere principe all’essere uomo e re.

Analizziamo il racconto secondo le funzioni di Propp:

  • L’eroe: sicuramente l’eroe della nostra storia è il principe;
  • L’aiutante: il fedele Giovanni;
  • La principessa: la principessa dal Tetto d’Oro.

Interessante notare che in questa fiaba manca l’antagonista: già, perché il principe non ha nessun nemico se non il fato oscuro che si frappone tra lui e la felicità. Altro fatto diverso dal solito è che l’eroe riesce nel suo piano di rapimento in modo molto semplice, senza peripezie. Insomma, vita facile con il buon Giovanni che dà una mano in casa!

Un focus su: la metamorfosi in pietra

Il topos della metamorfosi in pietra è ricorrente in letteratura in ambito sia sacro sia profano e, visto che il fedele Giovanni ci resta di sasso, mi sembrava carino fare qualche esempio. Il primo caso che mi viene in mente è sicuramente il mito di Niobe.

Il mito di Niobe

Niobe è figlia del ben più celebre Tantalo (un minuto di silenzio per tutti gli studenti che hanno affrontato il supplizio di Tantalo come versione). Madre di sette figli e sette figlie, si vanta un po’ troppo energicamente di essere una madre superiore a Latona (o Leto), madre di Apollo. Così la cara Latona – per niente permalosa – incarica Apollo e Artemide di sterminare la prole di Niobe.

Niobe, affranta dal dolore, chiede a Zeus di poter essere trasformata in pietra. La richiesta viene esaudita e, così, Niobe piangente rimane incastonata per sempre nella fredda roccia.

El burlador de Sevilla y Convidado de piedra – Tirso de Molina

Un altro caso molto famoso di persona tramutata in pietra è El burlador de Sevilla y convidado de piedra, opera dello spagnolo Tirso de Molina del 1616. Perché è importante? Perché è la prima volta che compare la figura di Don Giovanni.

E che c’entra la pietra con uno sciupafemmine? C’entra eccome. Il buon Don Giovanni, durante i suoi vari intrallazzi con svariate donne, commette un omicidio. In particolare, assassina don Gonzalo de Ulloa, padre di una delle sue conquiste che voleva rivendicare l’onore della figlia.

Incappando nel monumento funerario di don Gonzalo de Ulloa, Don Giovanni decide di invitarlo a cena per burla… l’unico problema è che l’invitato si presenta davvero e sotto forma di enorme statua di pietra (ecco perché convitato di pietra).

La vicenda si conclude con don Gonzalo che trascina Don Giovanni all’inferno vendicando così tutte le donne ingannate dal burlador de Sevilla.

Il mito di Medusa

Quando si parla di persone tramutate in pietra non si può non citare il mito di Medusa. Secondo le leggende dell’Antica Grecia, Medusa è una delle tre Gorgoni figlie di Ceto e Forco (divinità del mare).

Tutte sono in grado di trasformare uomini in pietra solo con il loro sguardo ma, a differenza delle sorelle Steno ed Euriale, Medusa è mortale e trova la sua fine nelle mani di Perseo secondo la maggior parte dei racconti arrivati fino a noi.

Aiutato dalla saggezza di Atena, Perseo si difende dallo sguardo pietrificatore della Gorgone usando uno scudo riflettente per poi tagliarle la testa. Dal corpo di Medusa nasceranno Pegaso – sì il cavallo alato di Hercules – e il gigante Crisaore.

Fun fact. Il mito di Medusa è legato alla nascita del corallo: secondo alcuni racconti non sarebbe altro che un gruppo di alghe venuto a contatto con il sangue della Gorgone morente. Gorgonia, infatti, era il vecchio nome con cui venivano indicati gli ottocoralli dell’ordine Gorgonacea Lamouroux.

Cólto in Castagna: la mia copertina

Per rappresentare Il fedele Giovanni sono andata all-in sul corvo. Ne ho realizzato solo uno perché è la prima volta che disegno una copia dal vero con tecnica quasi pittorica e avevo paura di non farcela a completare l’opera con più animali.

Sono molto contenta del risultato finale: la palette colori è splendida – non per merito mio ma del piumaggio indigo creato da Madre Natura – e il corvo risulta sufficientemente realistico da essere facilmente riconoscibile.

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Pubblicato da Giulia Castagna

Giulia, content manager e writer, lettrice dall'età dei primi dada e baba.